Per Ironia della Morte: Vergy Dixit…

-I suoi genitori dovevano avere il senso dell’umorismo.
– E’ vero: ridevano come dei pazzi quando mi hanno buttato fuori di casa a calci nel culo.”

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Chi mi conosce sa quanto io “diffidi” dei moderni scrittori italiani: di essi, solo Licia Troisi è riuscita a colpirmi favorevolmente sul serio. Questo prima di leggere “Per Ironia della Morte” di Claudio Vergnani.
Ora, visto il mio stile di recensore logorroico ed esaustivo, mi sembra giusto, secondo il mio motto “la più grande opera d’arte è l’artista”, parlare prima dell’autore.
Vergnani,  modenese, è un ex studente di legge, ex liceale classico, ex vigile del fuoco, ex militare e moltissimi altri “ex”.
E’ una persona coltissima, e questo si denota anche nel suo stile di scrittura, ed è IL pessimista: il “Pessimismo Cosmico Vergnanesco” è ormai una corrente filosofica riconosciuta. In un’intervista, alla domanda “chi sei?” ha risposto “Ti direi che sono un poveraccio, anzi, te lo dico proprio: sono un poveraccio”. Insomma, lui dai limoni dati dalla vita non si fa nemmeno una limonata (probabilmente è allergico all’acido citrico).

L’intervista di cui sopra, la trovate qui: https://iltronodilibri.wordpress.com/2009/05/20/intervista-a-claudio-vergnani-il-18-vampiro/

Ora, Per Ironia della Morte è in realtà un prequel (ma anche un ottimo titolo a se stante) della serie de “Il 18°Vampiro”, che però io non ho ancora letto, e dopo l’ottima esperienza avuta col primo non vedo l’ora di recuperare anche le altre opere Vergnanesche. Detto ciò: la mancata esperienza degli altri libri mi ha fatto presumibilmente sfuggire svariate “chicche” e citazioni presenti in esso, tuttavia questo romanzo è perfettamente godibile da solo senza problemi di trama.

Nonostante la serie de Il 18°Vampiro sia principalmente horror (da quel che so), Per Ironia della Morte è un thriller senza elementi sovrannaturali: i nemici che Vergy affronterà non sono vampiri ma uomini, e il suo più grande avversario sarà se stesso, “un treno nella notte lanciato verso il nulla”, come lo chiama Dongo, il principale antagonista del libro.
Dopotutto, quale mostro è peggiore dell’essere umano?
Entrando un po’ più nel dettaglio (solo il necessario, in quanto vorrei evitare gli spoilers): un Vergy ancora giovane, reduce dalla guerra in Africa, arriva a Venezia con una chiavetta USB dal contenuto ignoto, a quanto pare interesse di molti figuri dalle intenzioni non esattamente innocue. Tra “pirotecnici” (come direbbe Vergnani) inseguimenti fra i canali di Venezia, suore assassine, spietati Arlecchino da guardia, un Dongo danzante e un’astronomica quantità di improperi si delineerà la vera natura di Vergy: un uomo ormai incapace di fermarsi.

Ma chi è, poi, questo Dongo?

“Sui settanta, più o meno. Barba grigia, ben vestito, distinto, faccia come un cazzo. Anzi, molto. Il campione mondiale delle facce da cazzo.”

Come detto prima, è il principale antagonista del libro, oltre che una delle sue figure più intriganti: questo anziano signore d’altri tempi dai modi da gentiluomo, sempre seguito dalla sua gargantuesca guardia del corpo Anteo (NDR. Anteo, nella mitologia greca, era un titano, figlio di Gea, dea della terra: nome decisamente appropriato per il colosso), è all’apparenza un perfetto signore d’epoca. I suoi modi raffinati, le sue opere di beneficenza e le sue donazioni atte a sostenere il patrimonio culturale di Venezia, il nome preso in prestito dalla “Certosa di Parma” (Stendhal, Stendhal ovunque)… tutto stupendo, se non fosse che dietro questa sfavillante maschera si nasconde un sadico che si diletta ad uccidere con la lama d’acciaio che nasconde nell’elegante bastone da passeggio. Questo eccentrico uomo (anche se Vergy, più spesso, lo definisce “pallone gonfiato a scorregge” senza nemmeno troppo torto), che ama danzare nei momenti di felicità, è rappresentato perfettamente da Vergnani ed è sicuramente, dopo Vergy stesso, il personaggio più interessante del libro.

La narrativa di Vergnani è magistrale, veramente godibile: il narratore (esterno) descrive il tutto in maniera diretta e concisa ma senza trascurare i dettagli, creando un’immersione notevole; il suo linguaggio piuttosto fine si contrappone all’eloquio… piuttosto veneto, potremmo dire, di Vergy in una maniera che accentua l’ironia che permea tutto il libro.
Un tocco di classe è rappresentato dalla maniera in cui è descritta Venezia, sono ammirato dalle capacità di orientamento dell’autore: la posizione di ogni canale, ogni calle, ogni stradina è perfettamente “reale” e coerente nel libro, tant’è che all’inizio (visto anche il linguaggio di Vergy) credevo che Vergnani fosse veneziano, non modenese. Chiaramente conosce la città bene come qualcuno che vi ha vissuto per decenni. O è letteralmente maniacale nelle ricerche che fa. Anzi, entrambe.
                  

              “Mi perdoni, Padre, perché ho peccato, porca madonna!”

Per Ironia della Morte è incentrato su Vergy, uno dei personaggi più famosi ed apprezzati della serie del Diciottesimo (con ragione), che ha richiesto un libro apposito per spiegare al meglio la sua storia prima di incontrare Claudio (un altro dei protagonisti della serie).
La somma Valeria Anita de Il Trono di Libri lo ha definito anni fa il picchiatore filosofo, il perché è ben espresso dal suo linguaggio: pronuncia una quantità di insulti (tutti decisamente fantasiosi e creativi, di grande stile) approssimativamente pari al numero di idioti in questo mondo, eppure non lo si vede mai sbagliare un congiuntivo o un tempo verbale. Per Ironia della Morte è la Bibbia dell’insulto, il Sacro Graal della bestemmia, la Pietra Filosofale del sarcasmo: dopo un po’ si inizia a ridere ancor prima che la scena avvenga, come quando Vergy sta per entrare in Chiesa.
Permettetemi una considerazione: io non ho letto i libri del Diciottesimo, so solo dell’esistenza di Claudio. Ora, Vergy è un palese diminutivo di Vergnani e Claudio il suo nome di battesimo. Mi piace pensare a Vergy come al suo “lato oscuro” nascosto, l’altra faccia della medaglia rappresentata  Claudio: mi aspetto che il secondo sia la parte aderente al pessimismo cosmico, negli altri libri (che non mi attarderò a leggere).

Per Ironia della Morte  vi farà ridere come delle iene ridens sotto cocaina, e vi assicuro che, una volta iniziato, non riuscirete a staccarvene. Una perla nel panorama letterario italiano.
Lo consiglio? CERTO

P.S. Per Ironia della Morte verrà presto tradotto in inglese, e ovviamente lo rileggerò giudicando la traduzione come l’avvoltoio letterario che sono. Spero che all’estero Claudio ottenga il successo che, indubbiamente, merita. E, sotto sotto, spero tanto che venga tradotto anche in spagnolo, perché tutto è più bello nella lingua del flamenco.
Chissà se Vergy leggerà mai la Certosa di Parma come aveva promesso…

Pro:

Vergy
Vergy
Vergy

 Ironia tagliente come una Katana forgiata
dagli antichi maestri.
Narrativa coinvolgente e accurata.
Descrizioni geografiche perfette.
Vergy.

Contro:

Stendhal onnipresente

(nessuno degno di nota, anzi,  nessuno).

 

Sperando di essere stato un buon lettore…

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